venerdì 27 febbraio 2009

Deflazione in Europa - PIL in ribasso negli USA - Borse giù

Oggi le notizie vere fioccano e di conseguenza le borse crollano.

Questo è un estratto dele borse europee - il rosso indica ribasso.

Prossimi alla deflazione in zona Euro

PIL crollato a -6,2% nel quarto trimestre 2008 negli USA

Ci informa Swissinfo che sono stati resi noti da Eurostat i dati dell’inflazione nei sedici paesi dell’unione.

Il dato non è confortante: l'inflazione scende all'1,1% a gennaio come proiezione annua, contro l’1,6 del dicembre scorso e il 3,2% del gennaio 2008.

Il dato dimostra, qualora qualcuno non se ne fosse ancora accorto, che l’economia sta rallentando.

Come anticipavamo nella trilogia di post dedicati a inflazione e deflazione (ne consigliamo la lettura: inflazione, deflazione, strategie di fronteggiamento), una diminuzione generalizzata dei prezzi non è un buon sintomo.

In Lussemburgo e Portogallo siamo ormai giunti al punto di svolta: 0% e 0,1% rispettivamente.

Rispetto al dicembre 2008, l'inflazione annua è caduta in 24 paesi, rimasta stabile in uno e cresciuta in due.


Negli USA, il prodotto interno lordo nel quarto trimestre 2008 è stato rivisto drasticamente al ribasso evidenziando una contrazione del 6,2% . Il dato è peggiore delle stime degli economisti avevano previsto un -5,4%.

Mai così in basso dal primo trimestre 1982, quando il Pil segnò un -6,4%.

Per concludere: Citigroup, che già davamo in crisi nei post precedenti, è scesa sotto la soglia critica dei 2 dollari per azione, attualmente a 1.75. La notizia della nazionalizzazione non ha aiutato.

Saluti felici

Felice Capretta

La pasta salata - produttori di pasta condannati dall'Antitrust

Incredibilmente la free press, che ricordiamo viene distribuita gratuitamente a migliaia di pendolari tutte le mattine, per una volta ha colto la notizia da mandare in prima pagina:

Condannati i principali produttori di pasta per intese restrittive della concorrenza.


Nel 2007 e per metà del 2008 si gridava alla dolorosa inflazione di pane e pasta.
Colpa del prezzo del petrolio e delle speculazioni sulle materie prime, si diceva.

Sicuramente il prezzo del petrolio e le speculazioni non hanno aiutato.

Risulta comunque che i principali produttori di pasta si accordavano tra loro sui prezzi a cui vendere la pasta alle aziende della distribuzione (supermarket e grossisti), anzichè combattere tra loro sul cosiddetto libero mercato a colpi di qualità di prodotto, sconti, pubblicità.

Risultato, i prezzi salivano.

L'antitrust per una volta ha fatto il suo dovere: ha sanzionato con una multa da 12.496.333 euro le aziende produttrici di pasta e le associazioni di categoria per intese restrittive della concorrenza.

E' evidente che il reato è particolarmente grave anche per chi non conosce la normativa in materia di tutela della concorrenza.

Ecco i nomi dei colpevoli. Per una volta pubblicati.

  • Amato
  • Barilla
  • Colussi
  • De Cecco
  • Divella
  • Garofalo
  • Nestlè
  • Rummo
  • Zara
  • Berruto
  • Delverde
  • Granoro
  • Riscossa
  • Tandoi
  • Cellino
  • Chirico
  • De Matteis
  • Di Martino
  • Fabianelli
  • Ferrara
  • Liguori
  • Mennucci
  • Russo
  • La Molisana
  • Tamma
  • Valdigrano

condannata anche l'Unipi, Unione Industriali Pastai Italiani, l'associazione di categoria: probabilmente il luogo dove il complotto si tramava. Solitamente sono proprio le associazioni di categoria i luoghi principe dove avvengono gli accordi di cartello.

L'Autorità ha sanzionato per la misera cifra di 1.000 euro anche l’intesa realizzata da Unionalimentari che ha divulgato una propria circolare per indirizzare gli associati verso un aumento uniforme di prezzo.

In particolare l’intesa realizzata da Unipi e dai 26 produttori è durata dall’ottobre 2006 almeno fino al primo marzo 2008. In due anni, fino al maggio 2008, il prezzo di vendita della pasta ai distributori ha registrato un incremento medio pari al 51,8%, mentre il prezzo finale al consumatore è cresciuto nello stesso periodo del 36%. (ADNKRONOS)


Piccolo spot.





Mavaff...

saluti felici

Felice Capretta

giovedì 26 febbraio 2009

RBS in perdita la Royal Bank of Scotland

Perdita record per Royal Bank of Scotland, che chiude il 2008 con la peggiore perdita della storia per un’azienda britannica .

Il buco è da 24,1 miliardi di sterline pari a circa 27 miliardi di euro, senza contare le garanzie statali per 325 miliardi di sterline di asset incerti.

Lo Stato infatti assicurerà circa 325 miliardi di sterline di asset rischiosi accollandosi perdite fino al 90%. In pratica, sono gli inglesi con le loro tasse a pagare la fregatura. Tanto per cambiare. Saranno molto felici.

In cambio, la banca verserà all'erario 6,5 miliardi di sterline l'anno. Li troverà, forse, con la cessione di risorse in tutto il mondo – la nuova strategia sarà concentrata sul mercato locale.

Come se non bastasse, lo stato, che già detiene circa il 70% del capitale dell'istituto, apporterà altri 13 miliardi di sterline di capitale aggiuntivo sotto forma di azioni speciali. Che però non faranno crescere la partecipazione pubblica e non porteranno quindi a una nazionalizzazione totale di Rbs.

Resta da vedere se gli inglesi, notoriamente meno bambascioni (l’espressione da tamarro è fortemente voluta, mi scusino i lettori avvezzi al nostro raffinato tasteggio caprino) degli italiani, ingoieranno anche questa o preferiranno lanciare pomodori verso il parlamento e la corona.

Saluti felici

Felice Capretta

Disordini in Bangladesh o colpo di stato

Disordini in Bangladesh mentre scriviamo.

Stranamente il mondo sembra essersi accorto dei disordini in Bangladesh. Perfino il porno-scandalistico TGCom, incredibilmente spacciato per quotidiano di informazione, cita la situazione. Non è una novità per il Bangladesh, un paese che è passato più volte attraverso rivoluzioni e dittature anche di recente.

Pare comunque che alcuni reparti dell’esercito si siano inferociti alquanto dopo che il governo ha rifiutato loro l’aumento di stipendio, vacanze e buoni pasto.

Non è dato sapere se il motivo è squisitamente economico, il che sarebbe particolarmente interessante in una nazione che non sembra essere particolarmente soggetta alle tre principali forze disgregatrici di cui abbiamo parlato.

1. Le differenze economiche, sociali e finanziarie tra le regioni ed i gruppi sociali sono più consistenti in una entità politica di grandi dimensioni piuttosto che in una piccola nazione.

2. La centralizzazione del potere (e quindi la comprensione della crisi e la capacità di reazione) non si adatta bene ad una crisi che impatta entità di larghe dimensioni. Il modello “taglia unica” non funziona.

3. Il fondamento sulla base dollaro+debito... questo è un fattore particolarmente ovvio.


Sembra comunque che il malumore covasse da mesi.

Si sono ribellati per primi i fucilieri del BDR (Bangladesh Rifles), a seguire le guardie di frontiera in 6 distretti. La prostesta si sta allargando. Per il momento la situazione è incerta. Il primo ministro ha tenuto il solito discorso volto a rassicurare ed intimidire.

Alcuni giornalisti poco informati "temono" il colpo di stato.

Evidentemente costoro ignorano che la rapidità di azione è uno dei punti cardine di ogni colpo di stato, ci insegna Luttwak nel suo raffinatissimo Manuale Pratico per un Colpo di Stato.

Una volta scoccata l’ora zero, il gruppo golpista deve muovere le sue pedine più rapidamente possibile per conquistare il potere:

  • approfittando della situazione incerta
  • sfruttando la lentezza di risposta nella catena di comando delle truppe lealiste
  • e prendendo vantaggio dalla la strategia “aspettiamo e vediamo cosa succede” adottata dalle truppe neutrali

Vedremo dunque nelle prossime ore se lo scenario risulterà effettivamente in un improbabile colpo di stato o semplicemente in una rivolta o in un volgare putsch militare.

Solidarietà alla popolazione che ci va sistematicamente di mezzo.

Saluti felici

Felice Capretta

Aggiornamento ore 13: la protesta è rientrata dopo il discorso del premier. Evidentemente non si trattava di colpo di stato.

mercoledì 25 febbraio 2009

Calo esportazioni in Giappone, meno 45,7%

Calo esportazioni in Giappone, meno 45,7%

Mentre i giornali si dividono tra il discorso di Obama ("ce la faremo") ed il consueto tema del romeno stupratore, sono stati resi noti i dati del deficit commerciale di Gennaio in Giappone. La situazione è meno peggio di quanto previsto dagli analisti: il passivo stimato era sopra i 1100 miliardi di yen, il passivo reale è di 952,5 miliardi di yen, pari a 8 miliardi di euro.

Il nuovo record batte lo storico passivo del gennaio 1980 da 842 miliardi di yen. Quattro mesi consecutivi di passivo non si vedevano dal medesimo periodo.

Allora furono le conseguenze dello shock petrolifero a colpire duramente l’economia giapponese. Oggi è la crisi sistemica, che è un fenomeno ben più complesso di un semplice shock petrolifero.

Il Giappone esporta ormai la metà delle merci rispetto alla misurazione precedente, con un tonfo del 45,7% in meno.

Le importazioni si sono ridotte del 30% circa.

Sulle esportazioni di gennaio dimezzate pesano particolarmente i crolli dell’export verso USA e Russia (52% e 65,5% in meno rispettivamente) con un tonfo particolare di 80% in meno di esportazioni negli USA per il settore auto.

In pratica, se a dicembre si vendevano 100 auto giapponesi negli Stati Uniti, questo mese se ne sono vendute solo 20.

E adesso a chi le vendono quelle 80 auto su 100, i giapponesi?

Guarda caso, il primo ministro giapponese è corso a Washington ad incontrare Barack Obama, e si sono detti pienamente daccordo a lavorare in modo urgente e congiunto per stimolare la domanda interna ed estera.

Ma pensa un po’.

Sono tutti daccordo “nella necessità di resistere al protezionismo”.

Che combinazione.

Ma ora che fine farà uno dei pilastri della ricetta per uscire dalla crisi, il Buy American tanto caro a Obama?

Nel frattempo, secondo Bloomberg il pil tedesco è dalato del 2,1% nel quarto trimestre rispetto al precedente, mai così giu’ dal 1987. Contribuiscono anche qui le esportazioni in discesa: -7,3%.

Saluti felici e informazione scorretta : - )

Felice Capretta

martedì 24 febbraio 2009

Nazionalizzazioni - Marzo si avvicina

Come prevedevamo a dicembre traducendo il GEAB report di LEAP/Europe2020 nel post "quanto durerà la crisi?", Marzo è alle porte e sta per arrivare un altro tracollo finanziario come quello dell’autunno 2008. A vedere i corsi azionari ed alcuni salvataggi bancari, siamo molto vicini alla questa nuova fase.

Vediamo un po’ di segnali sparsi per il mondo, grazie per lo più a swissinfo, sempre puntuale.

USA – Dal fronte più caldo della più grande crisi della storia moderna arrivano le solite notizie: una banca qua, una banca là, e voci di nazionalizzazione di Citigroup in crisi. Avevamo già parlato della crisi di citigroup qui e qui.


COPENAGHENFionia Bank nazionalizzata. Dopo Roskilde Bank e Ebh Bank lo scorso autunno, Fionia Bank è la terza banca nazionalizzata in danimarca nel giro di pochi mesi. La nazionalizzazione è avvenuta con un'iniezione di 171,6 milioni di dollari a seguito delle forti perdite subite, secondo bloomberg citata da swissinfo. In Danimarca il numero delle insolvenze ha raggiunto a novembre il massimo dal 1979.


BRUXELLES – secondo swissinfo la Commissione Europea sta per arrendersi pubblicamente all’evidenza. Brusca inversione di marcia a livello europeo sul tema delle nazionalizzazioni bancarie. Trichet, non più tardi di pochi giorni, fa escludeva categoricamente la nazionalizzazione delle banche europee.

Secondo indiscrezioni, i tecnici della Commissione Europea starebbero invece esaminando la possibilità di aprire le porte alle nazionalizzazioni degli istituti bancari europei. Il documento, che sarà sottoposto alla Commissione mercoledì prossimo, riguarda i provvedimenti in favore delle banche in difficoltà.

Con la consueta lingua felpata dei burocrati, si sussurrerebbe che

la nazionalizzazione di una banca in crisi non è un'ipotesi, a determinate condizioni, da scartare completamente a priori


Questo è un modo elegante e raffinato per dire che il sistema bancario europeo è finito e sara’ nazionalizzato in gran parte.

Naturalmente sarà da vedere con quali soldi, visto che molte nazioni (tra cui l’Italia) sono già sovraindebitate e rischiano di crollare sotto il peso dei debiti.

AUSTRIA - Erste Bank e Raiffeisen International sono esposte con 230 miliardi di euro in crediti concessi, ovvero circa il 70% del pil nazionale austriaco. Si si conta anche la Bank Austria, del gruppo Unicredit, la cifra sale a 280 miliardi. Nel timore di perdite, le banche hanno cominciato a ritirare liquidità, aggravando la situazione sul posto, mentre i loro titoli in borsa hanno fatto registrare forti cali.

Il governo austriaco è preoccupato e sta cercando di far passare in Europa un piano di aiuti dei 27 per l'est Europa. Piano che all'inizio non aveva incontrato grande accoglienza ma che adesso sembra stia facendosi largo con la sponsorizzazione anche della Germania, interessata pure lei a che la regione non imploda. Da Swissinfo.


GERMANIA – Angela Merkel pochi giorni fa ha dichiarato che la nazionalizzazione di Hypo Real Estate è l’unica soluzione perseguibile.


UNIONE EUROPEA – Trichet infine ammette cio’ che era evidente da molto tempo. Se perfino lui se ne accorge....: l’economia europea comincia a mostrare "i primi segni di una flessione del credito", che se dovessero consolidarsi potrebbero precipitare il sistema bancario, già in «grave tensione», in una spirale negativa.

Stiamo parlando del temuto (e già avviato: per chi non se ne fosse accorto, provate a chiedere un finanziamento in banca) credit crunch anche in europa, con una sostanziale stretta dei rubinetti del credito alle famiglie ed alle imprese.

Anche Trichet, nel tentativo di alleviare il credi crunch, imboccherà probabilmente la stessa disastrosa strada percorsa da Bernanke con il solo effetto di peggiorare la situazione:


Quanto sia buona questa strada è evidente: negli USA queste misure non solo non hanno rallentato la crisi ma anzi hanno assestato duri colpi ai titoli bancari ed ai mercati in genere, si vedano le reazioni al piano geithner per esempio.


Sentiamo Trichet, che in queste ore inizia a cedere:

I flussi netti di credito nella zona euro sono rimasti positivi in tutto il periodo di turbolenze finanziarie ma nelle ultime settimane abbiamo osservato i primi segni di un un'offerta di credito in calo

[...]

vi sono anche segni che indicano come il calo del credito sia legato a fattori di offerta e a condizioni di finanziamento più restrittive associato al fenomeno del 'deleveraging' cioè una riduzione del ricorso all'indebitamento

[...]

(L’estensione di questo fenomeno nel sistema bancario potrebbe) indebolire la ragione di essere dell'intero sistema


Per restare in tema, qualche giorno fa Jean Claude Petit, responsabile di Barclays Wealth Managers Francia, dichiarava:

Siamo vicini all'orlo del burrone, molto vicini a cedere, il clima è decisamente tetro
[...]
Non sono sicuro che i governi e le banche centrali si stiano rendendo conto di quello che sta davvero accadendo

Neanche noi siamo tanto sicuri.

Sarà per questo che George W Bush si è presentato in una ferramenta di Dallas chiedendo un posto di lavoro?

Saluti felici

Felice Capretta

domenica 22 febbraio 2009

Attentato nucleare - Operazione Blackjack del Telegraph in italiano

Wow, l'amico di maria de filippi ha vinto sanremo mentre al bano è uscito subito.

Adesso che abbiamo esaurito la rassegna stampa dell'edizione di oggi dei media allineati, parliamo di cose rilevanti, come qualcuno che racconta un auto attentato nucleare sul suolo americano con colpo di stato e dittatura.

Non stiamo parlando dei soliti siti "complottisti".

Da qualche tempo il sito del Telegraph sta pubblicando a puntate una storia molto interessante che inizia proprio con un attentato terroristico nucleare a londra e in 6 città americane.

Abbiamo rimontato e tradotto per voi le prime 5 puntate. Le trovate qui sotto.

Specifica il Telegraph che i personaggi, gli eventi e i luoghi sono interamente di fantasia , diremmo in italiano che ogni riferimento a personaggi, eventi e luoghi esistenti è totalmente casuale.

Già.

La storia è ambientata ai giorni nostri, in particolare la prima esplosione si verifica il 21 giugno. Non a caso non si sceglie mai un giorno qualsiasi ma un giorno ben preciso - in questo caso il solstizio d'estate.

La storia parte, narra, dicevamo, di terrorismo, di crisi economica negli USA, di un attacco terroristico nucleare.

Subito dopo le bombe: una guerra agli stati “canaglia”, la fine degli USA fusi con Canada e Messico nella nuova Unione del Nord America sotto una nuova bandiera, una nuova moneta che assomiglia molto al famigerato - che caso - Amero, una nuova costituzione e soprattutto un nuovo presidente non eletto di stanza nella nuova capitale: Denver, guarda caso.

Si prosegue con i primi atti del nuovo governo: la sospensione delle libertà civili, l'introduzione una card di identificazione per il commercio, un chip impiantato alla popolazione, controllo dell’informazione. E se l'attentato fosse stato un attacco false flag* nucleare con colpo di stato, se i terroristi in realtà non esistessero, ci suggerisce il Telegraph?

Dopotutto al giorno d'oggi sembra che non ci voglia molto a smarrire qualche bomba nucleare. Perfino a Los Alamos, il principale laboratorio nucleare americano, spariscono 80 computer alla volta, mentre i server del medesimo laboratorio vengono bucati dai soliti maledetti nemici gialli...

Allo stesso modo, il fantomatico bin laden, che cambia volto ad ogni apparizione televisiva (qui in italiano, andate al punto 9) sembra ormai tanto credibile quanto un ridicolo raggruppamento di islamici e cristiani apocalittici.

Date allora un occhio all’Operazione Blackjack.

Sul Telegraph, mica sul corriere.
Oppure qui sotto, rimontata e tradotta da noi.




[comunicazione di servizio: le slide sono troppo lente? cliccate sulla freccina qui in evidenza per avanzare a comando]





Potete seguire le prossime puntate direttamente sulla sezione del Telegraph o su Informazione Scorretta.


Cosa ne pensano gli informatissimi lettori?
I vostri commenti sono i benvenuti.

Saluti felici

Felice Capretta



* se non sapete cos’e’ un attacco false flag non dovreste essere qui, e potete tornare a leggere il corriere. Ok, ok, potete iniziare da qui oppure da qui.

lunedì 16 febbraio 2009

Crisi in Giappone e Guadalupa

Allarme stupri, violenze, aggressioni.
Sembra proprio che sulle prime pagine dei giornali non si parli d'altro.

Mentre aspettiamo la release del nuovo report di Europe2020, dovrebbe essere questione di ore dopo l'ultimo GEAB report, citiamo un paio di notizie sparse qua e la':


Giappone, la crisi peggiore dal dopoguerra

Così Kaoru Yosano, ministro per le Politiche economiche e fiscali, dopo il crollo del PIL giapponese del 12,7% nel quarto trimestre 2008.

Su base annua, il giappone ha registrato un calo del PIL dello 0,7%, per la prima volta negativo negli ultimi 9 anni.

L'export è crollato sui tre mesi precedenti del 13,9% e l'import è salito del 2,9%.

La domanda interna hafatto cadere il PIL dello 0,3% in termini reali. Ma il crollo è dovuto in larga parte alla caduta della domanda esterna, che ha pesato per il 3% in meno. Sempre meno persone all'estero acquistano beni giapponesi. Il che non è bello, per un paese che vive parecchio di esportazioni.

La spesa dei consumatori, che vale il 55% circa della composizione del prodotto interno lordo, ha riportato un calo dello 0,4%. Le spese aziendali in conto capitale sono diminuite del 5,3%, segno che le aziende non investono. Gli investimenti pubblici si sono contratti dello 0,6%.

Qui il dettaglio, da swissinfo.


Disordini a Guadalupa

"La Guadalupa è nostra! La Guadalupa non è loro!" scandivano i 50.000 manifestanti (secondo gli organizzatori) scesi in piazza nella capitale denunciando la repressione delle autorità francesi e il predominio della minoranza bianca sull'economia locale.

Dal 20 gennaio in Guadalupa si sciopera contro il carovita. Lo sciopero si è già esteso alla Martinica e presto probabilmente si estenderà a Reunion.

Secondo Elie Domota, portavoce della protesta:

Oggi, considerato il numero di gendarmi che sono arrivati in Guadalupa armati fino ai denti, lo Stato francese ha scelto la sua via naturale: quella di uccidere, come ha già fatto, gli abitanti della Guadalupa

Già.

Saluti felici

Felice Capretta

giovedì 12 febbraio 2009

Crisi attuale peggiore della crisi del 29, ministro inglese

La crisi economica attuale e la crisi del 1929?

Questa è la peggiore crisi economica da più di un secolo, peggiore della Grande Depressione, e i suoi effetti si faranno sentire ancora tra 15 anni.

Queste sono le parole di Ed Balls, ministro di gabinetto di Gordon Brown, una delle figure più vicine al primo ministro Gordon Brown. Ce ne da' notizia l'Indipendent.

Niente di nuovo, per gli affezionati lettori di Informazione Scorretta: avevamo pubblicato a suo tempo il report di Europe2020 secondo il quale la crisi economica durerà fino a 10 anni negli USA.

Probabilmente non avete visto traccia delle dichiarazioni di Ed Balls nei giornali online italiani.

D'altra parte, portali di informazione (s)corretta come Tgcom preferiscono dare spazio alla bevanda ottenuta dall'urina di mucca.

Wow.

Non è il caso di biasimarli: se mai un giorno l'acqua potabile sarà un bene raro, sapremo come fare a dissetarci comunque.

Tornando alle notizie interessanti, di nuovo Ed Balls:

gli eventi globali della crisi economica si muovono ad una velocità, un ritmo ed una ferocia mai visti prima

[...]

le banche hanno perso liquido ad un livello che nessuno riteneva possibile


e tanto per ribadire il concetto, Balls ventila qualcosina a livello politico, in stile molto british:

Questi sono terremoti che cambiano il panorama politico. Credo che questa crisi finanziaria sia più grave e più seria di quella degli anni 30. Tutti ci ricordiamo come in quel periodo la politica fu influenzata dall'economia.


Che eleganza.

A proposito, sono attesi per domani i dati inglesi sulla disoccupazione ed il report quadrimestrale sull'inflazione della Banca d'Inghilterra.

Saluti felici

Felice Capretta

Peugeot Citroen licenziamenti

Pubblicati i risultati di Peugeot Citroen nel 2008.

L’anno si è chiuso in perdita per la prima volta da dieci anni. Come conseguenza, sono pianificati per il 2009 un taglio della produzione del 20-30% e 11.000 licenziamenti. Peugeot Citroen prevede il ritorno all’utile non prima del 2010.

(ci chiediamo noi: ma in dieci anni di profitti non hanno messo da parte almeno un po’ di soldi per fronteggiare la crisi?)

Totale 2008: più di 300 milioni di euro di perdita, con una riduzione del fatturato del 7,4%.

In Giappone, Pioneer stima una perdita di 1 miliardo di euro per la fine dell’anno fiscale al 31 marzo. Saranno licenziati 10.000 dipendenti in tutto il mondo, di cui 6.000 regolari e 4.000 tra irregolari e con contratti a termine.

Marzo è alle porte e, come previsto da Europe 2020 nel post che abbiamo rilanciato in italiano con il titolo “quanto durerà la crisi economica”, stiamo per affrontare una fase simile a quella dello scorso autunno.

Sarà così diffusa la certezza che non si uscirà dalla crisi economica in tempi brevi, con alti tassi di disoccupazione e ragionevolmente un nuovo crollo delle borse, se non un nuovo rischio di crollo del sistema economico mondiale.

Ah già, ma c’e’ il piano Geithner.

E poi c’e’ il piano di incentivi del governo italiano pubblicato ieri, 11 febbraio, sulla gazzetta ufficiale.

Una vera sferzata ai consumi: incentivi per l’auto, i mobili, la televisione,...

(silenzio e minuto di riflessione)

Oh guarda, una capretta.

(silenzio e altro minuto di riflessione)

Mobili, televisioni...tutti prodotti che rilanciano notoriamente l’economia e mettono in moto un circolo virtuoso.

Specialmente la televisione.

E se anche state pensando di farvi lo schermo al plasma da 42’’ con un bello sconto, scordatevelo - gli incentivi li danno solo a chi ristruttura la casa.

Bello, un governo che prende per il culo i cittadini.

Saluti felici

Felice Capretta

mercoledì 11 febbraio 2009

Obama e Geithner - il piano per l'occupazione

Come promesso ed anticipato nel post dedicato al piano Geithner,

in esclusiva per informazione scorretta

un raro fuori onda in cui viene definito il punto cardine del piano per l'occupazione, all'interno della discussione sul piu' ampio piano di rilancio dell'economia americana.

Accendete le casse e scoprite il mestiere del futuro...!





Saluti felici

Felice Capretta

Gli effetti del piano Geithner si estendono in Asia

Mentre i giornali continuano ad accanirsi sul cadavere di Eulana (qualcuno li avverta che il corpo è freddo ormai), in pochi hanno notato che il crollo di Wall Street di ieri in risposta al piano di stabilità di Geithner si è esteso anche alle borse asiatiche.

Secondo una analista della sede asiatica di ABN AMRO (marchio di Fortis, già in parte nazionalizzata nello scorso autunno)

Gli investitori sono delusi dalla mancanza di chiarezza del piano di salvataggio delle banche Usa

Mentre secondo un altro gestore

E' come se il mercato fosse insoddisfatto di qualsiasi soluzione che non contempli una completa nazionalizzazione del sistema bancario


Eh già. Sarà forse che il sistema bancario così come lo conosciamo è semplicemente destinato a finire, dopo aver rischiato di esplodere ben due volte, come abbiamo evidenziato nei due articoli sul crollo del sistema bancario in USA e in Inghilterra.

Fatto sta che dopo la caduta di Wall Street, anche Hong Kong ha perso il 2,74%, mentre Sydney e Seul hanno contenuto le perdite entro il punto percentuale. L'indice Msci dell'area Asia-Pacifico cede l'1,9%.

Naturalmente male i titoli bancari: Hsbc è scesa del 4,8% e Australia & New Zeland Banking Group del 3,5%. In difficoltà anche le materie prime: Posco perde il 3,2%, Bhp (petrolio) il 2,9%.

I dati sull’export cinese di gennaio, finalmente disponibili, aggravano lo scenario: un drammatico -17,5 per cento su base annua, peggiori del calo previsto del 14%. Le importazioni sono scese del 43%.

Ken Peng, economista di Citigroup, o meglio, di cio’ che resta di Citigroup, sulla situazione cinese:
Le cifre sono terribili, la situazione brutta: ci saranno forti pressioni sull' occupazione.

E chissà come saranno contenti milioni di lavoratori cinesi migrati dalla campagna in città quando resteranno senza lavoro.

Saluti felici

Felice Capretta

martedì 10 febbraio 2009

Piano Geithner di stabilità finanziaria

"Il sistema finanziario sta operando contro la ripresa." Parole della volpe Geithner, nel presentare il Financial stability plan, alias il Piano di Stabilità Finanziaria, detto anche Piano Geithner.

E' il piano che, nei sogni dell'amministrazione Obama e di tutti quelli che lo hanno votato, dovrebbe ridare fiato ed energia all'economia americana ormai comatosa.

Sentiamo qualche estratto delle nobili parole del neo ministro del Tesoro (per chi non ricordasse la nobiltà di questo signore, rimandiamo a questo articolo) :

Contemporaneamente la recessione sta sottoponendo a pressioni crescenti le banche

[...]

Senza un forte piano di ripresa economica troppi americani perderanno il proprio lavoro e troppe aziende falliranno, se non si rimette in moto il flusso del credito, la recessione sarà più profonda e lunga e causerà danni ancora maggiori alle famiglie e alle aziende statunitensi

Ehi, esattamente come scrivevamo quasi tre mesi fa rilanciando il report di Europe2020 su quanto durerà la crisi economica.


I punti chiave del piano Geithner


  • 50 mld di dollari per i mutui in difficoltà e un fondo pubblico-privato per acquistare gli asset tossici fino a 500 miliardi di dollari

E il resto? Qualcuno dovrebbe spiegare a Geithner che 500 miliardi sono un po' insoddisfacenti... praticamente un topolino che tenta di abusare di una elefantessa.


  • Creazione di uno Stress Test per valutare le condizioni delle banche in caso di difficoltà. In tal caso, interverrebbe il governo con aiuti.

Con quali soldi?

Anche questa nuova amministrazione ci ha mostrato che conosce un solo modo per trovare soldi, ed è stamparli. Questo ha l'effetto di lanciare il dollaro come un treno ad alta velocità sul binario (morto) dell'iperinflazione, quando questa fase di deflazione sarà terminata.

Potete approfondire sulla trilogia di post dedicata a inflazione o deflazione e strategie di fronteggiamento di inflazione o deflazione.

  • Trasparenza su come saranno utilizzati i fondi pubblici e restrizioni sui dividendi, per evitare che i fondi pubblici vengano distribuiti agli azionisti invece di finanziarie il credito.

... senza parole ...

  • Creare nuovo lavoro, creare nuove imprese e ripristinare il flusso del credito verso famiglie e imprese.

Già, ci sarà sicuramente molto lavoro nelle stamperie della zecca di stato.

(presto avremo un documento video inedito con le proposte omaba-geithner, stay tuned!)
(aggiornamento: si trova qui)

In sè, la proposta non sarebbe neanche tanto male, se non fosse che ormai le banche non si fidano più a prestarsi neanche uno spillo tra loro. Sempre se ci fosse liquidità.


Il totale degli aiuti del Piano Geithner

In totale fanno 1000 miliardi di dollari.

Cioè, no, 1500.




O forse 500 mliardi, come ci dice il TG1 nell'edizione serale?

Insomma si mettano daccordo.


I primi effetti

Nel giro di pochi minuti dall'annuncio di Geithner, il Dow Jones ha già perso il 3,5% .

Queste invece sono le reazioni di Londra e Milano






Infine, non per merito nè per colpa di Geithner, General Motors fa la sua parte e taglia altri 10.000 posti di lavoro, Nissan ne perde 20.000 e la Cina ha superato gli USA per dimensioni del mercato dell'auto.

Un vero e proprio sorpasso storico, non c'e' che dire.

Saluti felici

Felice Capretta

Licenziamenti di UBS in perdita

Eh caspita, non si parla che di Eluana anche da morta.

Non si parla però delle perdite e dei licenziamenti di UBS, la principale banca svizzera con 80.000 dipendenti in tutto il mondo.

UBS ha infatti dichiarato oggi una perdita di circa 13 miliardi di euro ed ha comunicato un deflusso di fondi di 85,8 miliardi nel quarto trimestre. Nonostante le notizie a dir poco preoccupanti, la quotazione di UBS restava questa mattina nell'area positiva. Secondo gli analisti i mercati avevano già scontato la cattiva notizia.

Per UBS si prospetta ora un piano di licenziamenti da 8 mila unità, che fa seguito a quello precedente che ha eliminato 9 mila dipendenti, per lo più concentrati nella divisione di Corporate & Investment Banking, a Londra e New York.

Licenziamenti per circa il 20% del personale.

Il taglio dell’80 per cento dei bonus ai dirigenti sarà funzionale? Forse con il taglio del 90% dei bonus avrebbero potuto salvare qualche posto di lavoro, ma ormai le onde della tempesta perfetta stanno minacciando anche le portaerei....e non ci sono scialuppe per tutti.

Saluti felici e informazione scorretta per tutti!

Felice Capretta

lunedì 9 febbraio 2009

Anche negli USA a poche ore dall'apocalisse finanziaria


Visto sul forum di Crisis a proposito di corsa agli sportelli.

Abbiamo visto che il 10 ottobre 2008 il sistema bancario inglese è arrivato a sole 3 ore dall’apocalisse.

Apprendiamo, grazie all’intervento di un poster del forum di crisis, che un analogo rischio, se non più grave, è stato corso negli USA il 15 settembre, con un'enorme corsa agli sportelli elettronica.

Il tutto è avvenuto online. In un mondo in cui gli scambi finanziari sono digitali, le corse agli sportelli sono molto silenziose e ben poco visibili ai più, se non quando il fatto è ormai compiuto.

Qualche esempio: Fortis, la banca belga-olandese (titolare del marchio ABN AMRO) nazionalizzata nell’autunno scorso, ha visto un enorme deflusso di risparmi attraverso il web nel momento del tracollo.

Idem per Northern Rock: per tre giorni abbiamo visto le file agli sportelli, ma il grosso del trasferimento del contante è avvenuto per via digitale, con i clienti business a fare da padrone nello spostamento per volumi.

Qui un interessante approfondimento sulle corse agli sportelli silenziose nell’era digitale.

Torniamo al giorno in cui il sistema bancario americano fu prossimo alla fine, il 15 settembre 2008, per l'assalto agli sportelli per via digitale.

Racconta il membro del congresso Paul Kanjorski:

il conseguente tentativo d'infondere 1.5 miliardi di dollari non è servito neppure a rallentare la fuga di denaro. Hanno dovuto chiudere i conti, bloccare i trasferimenti e annunciare la copertura dei conti per 250.000 dollari.

Ancora Kanjorski

Se non avessero fatto questo entro le 5 del pomeriggio sarebbero stati svuotati 5.5 trilioni dal sistema bancario Americano, l’intera economia degli Stati Uniti sarebbe crollata, ed entro 24 ore l’intera economia mondiale sarebbe crollata.

Abbiamo discusso allora di cio’ che sarebbe potuto accadere se fosse andata così.

Sarebbe stata la fine del nostro sistema economico e del nostro sistema politico come lo conosciamo.

Nientemeno.

Strano che la notizia non sia trapelata.

Cioè, strano... insomma.

Detto tra noi, la situazione non è migliorata da allora.

Saluti felici

Felice Capretta

Corsa agli sportelli, cos'e'?

Eluana. Non si parla d’altro, anzichè parlare magari di corsa agli sportelli.

Il nostro post precedente sulla corsa agli sportelli in Inghilterra ha suscitato discreto interesse.

A grande richiesta approfondiamo il tema.

Dovete sapere che la corsa agli sportelli è la cosa più temuta da ogni banca del mondo. Un avvenimento del genere consiste praticamente nel crollo istantaneo della banca.

Il meccanismo è molto semplice: finchè tutto funziona bene, finchè la vostra banca è sicura, non vi preoccupate di granchè. Quando però iniziano a circolare voci insistenti sulla solvibilità della banca, i correntisti inziano a temere che la loro banca possa fallire. Così si precipitano alle filiali più vicine per ritirare quanto più denaro possibile prima che la banca fallisca.

Fin qui niente di strano: in un mondo perfetto, la banca che ha ottenuto quel denaro dai risparmiatori dovrebbe averlo pronto da restituire.

Naturalmente non è così.

Le banche, infatti, hanno a disposizione molto meno denaro di quello che hanno ricevuto come deposito. I motivi sono molteplici: nel migliore dei casi hanno, che so, prestato il vostro denaro a qualcuno che lo ha usato per costruire una attività che andrà a profitto tra un anno o due. Oppure ancora lo hanno investito in titoli finanziari che hanno una scadenza precisa.

Oppure, semplicemente e più regolarmente, prestano molto più denaro di quello che hanno realmente grazie al meccanismo della riserva frazionaria.

Il risultato è che una banca ha realmente in cassaforte una cifra minima del denaro dei suoi correntisti, diciamo per esempio il 5% di tutto il denaro dei correntisti (il numero serve per soli fini esplicativi).

La sua liquidità è quindi ridotta al minimo indispensabile perchè possa fronteggiare le normali richieste di denaro contate, come prelievi di bancomat ed operazioni dei clienti.

Scettici? Andate alla vostra filiale e pretendete di ritirare tutti i vostri risparmi in contanti e subito.

Vi diranno di tornare il giorno dopo come minimo, perchè in realtà non hanno quella liquidità in cassaforte, e se anche l’avessero probabilmente resterebbero con liquidità insufficiente per il resto della giornata.

Dovete “prenotare” il contante, un po’ come in farmacia quando sono a secco di aspirina.

Niente di grave, finchè tutto funziona.

Ora immaginate migliaia di persone che corrono tutte insieme a ritirare tutto il liquido depositato tutto insieme. Diciamo, sempre come ipotesi di scuola, che un brutto giorno i giornali annuncino che una banca rischia l'insolvenza. Come minimo, il 50% dei correntisti lascia tutto quello che stava facendo e corre a ritirare il 90% del liquido.

Questa è la corsa agli sportelli.

La banca deve così restituire il 90% del liquido, e però ha disponibile solo il 5%. La banca paga i primi correntisti, fino ad esaurimento di quel 5% disponibile. Oltre quella soglia, la banca non riesce a fare fronte ai suoi impegni. E così fa la fine delle aziende che non fanno fronte ai loro impegni: semplicemente fallisce.

I correntisti così restano con un pugno di mosche, anche se nella migliore delle ipotesi restano con la quantità di denaro minima garantita per legge dallo stato.

In realtà abbiamo visto che, per evitare disordini sociali, solitamente subentrano gli stati e nazionalizzano la banca anzichè lasciarla fallire.

Nei momenti di grande crisi, sussiste il rischio di solvibilità per molte banche. Una corsa agli sportelli su più banche simultaneamente puo’ provocare il collasso totale del sistema bancario. Questo è quello che stava per accadere il 10 ottobre in Inghilterra, come abbiamo scritto nel post precedente.

Altri dettagli a breve....

Saluti felici

Felice Capretta

mercoledì 4 febbraio 2009

Corsa agli sportelli, tre ore all'apocalisse finanziaria

Sportelli chiusi.

Bancomat spenti.

Home banking inaccessibile.

Impossibile ritirare e trasferire denaro.

Praticamente la fine del sistema economico.

Questo è lo scenario che i risparmiatori inglesi, e probabilmente tutti i risparmiatori del mondo come conseguenza, stavano per trovarsi davanti il 10 ottobre 2008 ed è stato scongiurato per sole 3 ore.

Il ministero del Tesoro stava preparando l’ordine di chiusura degli sportelli bancari, lo stop alle transazioni elettroniche ed il blocco totale dei bancomat.

Il primo ministro Gordon Brown stava per apparire in tv a reti unificate per annunciare che l’intero sistema finanziario inglese sarebbe stato nazionalizzato.

Questa è la rivelazione che ha fatto trapelare il ministro Paul Myners solo un paio di settimane fa riguardo gli eventi del 10 ottobre 2008, quando Unicredit perdeva il 12% e Londra perdeva il 10%.

Non ricordiamo esattamente i titoli dei giornali del 10 ottobre 2008 e del giorno successivo, ma siamo abbastanza certi che nessun giornale e nessuna tv hanno sollevato l'argomento, se non per lamentare il classico "venerdì nero".

Il ministro Paul Myners si è spinto oltre e ha rivelato che il tracollo è stato evitato per sole tre ore per non meglio definiti "febbrili accordi dietro le quinte".

Chissà che tipo di accordi febbrili..


La causa del tracollo

Sempre il ministro, con il consueto aplomb britannico, ci ha informati che la causa è stata una "segreta corsa agli sportelli", con protagonisti, si badi bene, "importanti titolari di deposito" che hanno ritirato i loro depositi in massa.

Ricordiamo che la corsa agli sportelli è la fine di una banca. Si salvano solo i primi che riescono a ritirare i pochi liquidi rimasti. Tutti gli altri restano con un pugno di mosche, con la possibilità di riavere - forse - i propri risparmi "garantiti" quando il governo lo concederà.

E così, mentre la maggior parte dei cittadini ignari rischiavano di restare senza contanti, alcuni enormi investitori si affrettavano a stipare i loro quattrini sulle scialuppe di salvataggio e mettersi in salvo, accelerando ancor di più il disastro e lasciando di fatto in condizioni disastrate i piccoli risparmiatori.

Con tanto di probabili disordini di piazza e ragionevolmente coprifuoco.

Per la cronaca, il ministro è stato accusato di essere un completo irresponsabile per aver rivelato la notizia mentre è comunque in corso una grave recessione.

Già.

Saluti felici

Felice Capretta

martedì 3 febbraio 2009

Deflazione negli usa

Deflazione negli USA e strane storie di cronaca nelle notizie di ieri.

Truculenti dettagli di cronaca della peggior specie hanno invaso il tg1 di ieri sera in prime time, come ci segnala la lettrice Sara tra i commenti.

I primi 20 minuti di telegiornale, pari a circa il 40% - 50% dell'airtime, sono stati assorbiti da una interminabile filippica politically correct sul branco incendiario di bravi ragazzi che ha improvvisato un barbecue umano al curry sulle banchine della stazione.

Episodio drammatico, non c'e' che dire.
Oltremodo odioso.

Eppure non c'e' molto da dire, se non che si dovrebbe:

  • inchiodare i ragazzi alle loro responsabilità lato giudiziario
  • indagare sui motivi dell'accaduto lato media
  • mettere in atto, sul lato politico/amministrativo, un piano di lungo periodo volto a spegnere le cause che, a nostro modesto avviso, sono annidate nello stile di vita attuale prima che nella psiche.


Forse sarebbe stato opportuno parlare della crisi economica negli stati uniti che sta assumendo sempre i più i connotati della Grande Depressione se non peggio. Il Tg1 ha dedicato all'argomento solo poche parole, schiacciate in pochi minuti del tg1.

La voce del giornalista non nascondeva un briciolo di sdegno globally correct nel riferire che il presidente Obama vuole sostenere il concetto di “Buy USA”, ovvero preferire i prodotti interni a quelli esteri.

L’orribile parola: “protezionismo”, tanto odiata dai globalizzatori di ogni genere e dalla stampa accondiscendente, rappresenta in realtà una delle poche concrete vie americane per attenuare leggermente gli effetti disastrosi della crisi.


Nessuna parola invece su alcuni fatti veramente interessanti in campo economico:

  • Altri posti di lavoro persi negli USA, con Macy's che ha annunciato il taglio di 7.000 dipendenti e Morgan Stanley che potrebbe tagliare 1.500-1.800 unità.
  • A dicembre, sesta flessione consecutiva dei consumi, il vero motore dell’economia americana. E’ la contrazione più prolungata da quando la statistica sui consumi viene pubblicata (dal 1956). Le famiglie americane spendono sempre meno: a dicembre la spesa personale è scesa dell'1%, , dopo una contrazione dello 0,8% a novembre e dell’1,1% a ottobre.
  • Il dipartimento del commercio ha inoltre constatato che la flessione negli ultimi due trimestri consecutivi ha superato il 3%, fatto mai accaduto dal 1947 ad oggi.
  • Le vendite delle auto negli USA a gennaio scendono al 30% in meno, ma in Italia non siamo da meno con una contrazione del 32%.
  • Aumentata sostanzialmente invece la propensione al risparmio, che segna un +2%. Il mercato del lavoro USA non fa aumentare i redditi delle famiglie, e le famiglie devono risparmiare di più, il che inciderà ancora di più sui consumi.

Le vendite scontate di dicembre, infatti, non hanno avuto l’effetto sperato, con troppe merci in vendita per troppo poco denaro disponibile. Le famiglie non spendono e i prezzi si abbassano.

Risultato? La spirale della deflazione si è ormai innescata negli USA.

Per chi volesse approfondire, è disponibile la trilogia di post su inflazione o deflazione:

  1. Inflazione
  2. Deflazione
  3. Inflazione o deflazione - come fronteggiare

E ora che la sterlina è prossima alla parità con l'Euro e l'economia inglese è in bancarotta, Londra ha scoperto di essere pronta ad entrare nell’Euro.

Che combinazione.

Naturalmente l’Unione europea sarà felicissima di portarsi in casa il paese con l’economia più esplosiva al mondo dopo quella americana. Forse i cittadini europei non lo saranno altrettanto, ma si sa: le decisioni europee vengono prese a bruxelles, non dai cittadini.

Per concludere, in Grecia questa mattina gli agricoltori cretesi hanno tentato di sfondare il blocco della polizia e hanno fatto il pieno di lacrimogeni.

Saluti felici

Felice Capretta

Propaganda dei razzi qassam

Veloci da costruire, facili da riempire di propellente a buon mercato, poco costosi.

Praticamente razzi low cost, di bassa qualità.

Sono i famosi razzi qassam dalla lunga gittata e i qassam da breve gittata che sono alla base delle ragioni apparenti della guerra a gaza.

Molti sono i media che li hanno citati, dipingendoli come terribili armi di distruzione di massa, con dovizia di particolari forniti dall'attivissimo ufficio stampa dell'esercito israeliano, pochi però hanno approfondito i dettagli della tecnologia.

Wikipedia, pur essendo stata accusata di posizioni filosioniste, ci viene in aiuto.

Vediamo cosa scrive a proposito dei razzi qassam.

arrecano danni assai limitati e comunque non paragonabili a quelli delle armi convenzionali di cui dispone Tsahal (l'esercito israeliano)

Alla voce Analisi tecnica troviamo altre informazioni interessanti.

Il razzo è costituito da un cilindro di acciaio, contenente un blocco rettangolare di propellente. Un piatto di acciaio che sostiene le forme e gli ugelli è posto e saldato alla base del cilindro. La testata è costituita da un semplice guscio di metallo che circonda l'esplosivo.

L'obiettivo della progettazione del razzo Qassam sembra essere la facilità e la rapidità di produzione, utilizzando strumenti e componenti comuni. A tal fine, i razzi sono azionati da una miscela solida di zucchero e una di fertilizzante ampiamente disponibile: il nitrato di potassio. La testata è piena di Trinitrotoluene di contrabbando e un altro comune fertilizzante, il nitrato di urea.


Bene.

Come dicevamo in un post precedente, i razzi qassam sono in sostanza nient'altro che tubi di acciaio riempiti di zucchero e fertilizzante come propellente, e miscela di altro fertilizzante come testata esplosiva.





Fertilizzante, questa temibile arma di distruzione.

Si dice che l'iran si stia dotando di centrifughe per la raffinazione della cacca di cavallo onde ottenere delle potentissime testate esplosive al fertilizzante.

Quale danno reale possono fare le testate di fertilizzante? Infatti le vittime dei razzi qassam si contano sulle dita delle mani.

Fino a dove possono arrivare questi tubi di acciaio riempiti di zucchero e fertilizzante?

Tabella da globalsecurity.org :




Come si vede, la gittata dei qassam va dai 3 km dei primi qassam (qassam 1) per 80 cm di lunghezza fino a 10 km dei qassam 3 ai 12 km dei qassam di ultima generazione.

Sono poi comparsi i misteriosi qassam 4, di cui si sa poco o niente (eppure cadono!) tranne la gittata.

A seguire, i Grad di fabbricazione russa, secondo i media allineati forniti dall'Iran, come se fosse facile far entrare qualche centinaio di razzi lunghi 3 metri ciascuno di classe Katyusha.

Infine, in pieno embargo a Gaza, in mancanza perfino di farina per fare il pane, sono comparsi i famosi razzi da 40 km di gittata, secondo la stampa allineata di fabbricazione cinese: i famosi WS-1E.

Come se i cinesi potessero superare l'embargo strettissimo imposto da Israele a Gaza.

Maledetti musi gialli!!

Qui una tabella di comparazione visiva, sempre da globalsecurity.






Notare l'incredibile miglioramento dal tubo qassam 1 al Grad, senza arrivare al WS-1E.

Riassumendo, abbiamo avuto un bel salto di tecnologia, prima con le presunte forniture iraniane, poi con le presunte forniture cinesi.


Forniture stran(ier)e

Dunque, sembra proprio che le nazioni che hanno problemi con gli Stati Uniti si divertano a rifornire la striscia di Gaza di razzi, sfidando l'impenetrabile embargo israeliano e rischiando incidenti diplomatici di proporzioni bibliche.

Ohibo', che comportamento bizzarro.


Troppa fortuna

Furono poi quelli i famosi razzi da 40 km che avrebbero colpito Ashqelon, spianando così la strada all'assalto a Gaza.

E' stata proprio una gran bella fortuna per i fautori dell'intervento militare su Gaza.

"Un dono di d*o, baruch hashem..!" direbbero gli ultraortodossi, ai quali bisognerebbe spiegare che il loro dio gli ha dettato di non uccidere.

Grande fortuna. Troppa fortuna.

Come già accennammo nel post precedente, vien da pensare che sia una cosaccia architettata in casa. Dicesi "attacco alla fattoria" o "false flag". Gli israeliani hanno lunga esperienza in questo, come accennavamo nel post sull'attentato a Mumbai.


Il mistero delle sirene

Per finire, abbiamo visto sui nostri schermi le corse ai rifugi delle popolazioni terrorizzate sotto le sirene dell'allarme aereo.

Correte! solo 30 secondi!




Ok, ok. Adesso facciamo due conti.

Il lancio di un missile strategico intercontinentale a testata nucleare puo' essere facilmente rilevato dai satelliti grazie alle posizioni note dei silos, con una procedura di riscaldamento dei motori nota. Inoltre è relativamente facile individuare un oggetto lungo alcune decine di metri che decolla in verticale o quasi, e viaggia in verticale per alcuni chilometri.

Il lancio di un qassam è un processo ben diverso.

Il lancio di un qassam è un'operazione veloce e condotta il più possibile di nascosto, da rampe di lancio portatili e alte non più di un metro e mezzo. Sono leggere e si possono piazzare ovunque.

La procedura di accensione dei motori non esiste, basta dare fuoco al propellente.

La rilevazione automatica è quasi impossibile, per quanto ne sappiamo.

E' forse possibile una rilevazione manuale, con decine di occhi umani che scrutano aree di confine e danno l'allarme.

Da quando viene rilevato il missile a quando si inizia ad intuire la traiettoria possono volerci anche alcuni secondi, fino a 10.

Restano da 5 a 20 secondi.

Non fai neanche in tempo a uscire di casa che il razzo è caduto.

A che servono le sirene?

Non è che ...forse.... siamo davanti ad una colossale operazione di propaganda volta a montare il risibile pericolo dei razzi e terrorizzare la stessa popolazione israeliana per ottenerne il consenso alla guerra? O per trasformare quel piccolo pericolo agli occhi del mondo in qualcosa di diverso? Qualcosa di terribile? Qualcosa che giustifichi l'assalto a Gaza e qualsiasi azione sproporzionata di risposta?

Questo grafico ci mostra le aree sotto la "minaccia" dei qassam e i relativi tempi di preavviso - ovvero il tempo che passa tra l'individuazione del lancio da parte dei satelliti israeliani e la caduta del razzo. I Qassam tradizionali arrivano a 30 secondi.




L'intervista puzzolente

Anche questa che vi proponiamo sa molto di ridicola propaganda.

Proprio durante l'intervista al ministro scatta l'allarme aereo.

Che caso.

Le guardie del corpo lo buttano contro un'auto.
Ma l'intervista va avanti.

Wow.

Mica butta la telecamera e si lancia pure l'operatore contro l'auto... no, quello no. La cronaca prima di tutto.

Bah. A voi il giudizio.


Saluti felici

Felice Capretta

lunedì 2 febbraio 2009

Hamas, Gaza reloaded

Già da ieri sera il glorioso Tzahal, eufemisticamente detto Israeli Defense Force, è tornato a martellare Gaza.

Il nuovo casus belli è stato un lancio di razzi verso il deserto del Negev. Secondo fonti israeliane, risultano essere stati lanciati quattro razzi e13 proiettili di mortaio. Nessuna vittima.

Secondo lo stesso capo dell'intelligence militare israeliana, il generale Amos Yadlin, i razzi e i colpi di mortaio potrebbero non essere imputabili a Hamas, anche se questa parte della notizia non ricorre facilmente sui giornali di casa nostra.

Dunque la responsabilità di Hamas è esclusa perfino da fonte israeliana.

Ed ehud Olmert ha annunciato una reazione sproporzionata contro Hamas.

L'azione è già in corso.

"Mi intorbidisci l'acqua, disse il lupo all'agnello"

Saluti felici

Felice Capretta

I disordini si diffondono

Disordini in Europa

Come previsto da Europe2020 e rilanciato da Informazione Scorretta, un nuovo picco della crisi si sta avvicinando e sarà eclatante nel Marzo 2009, con inevitabili disordini di piazza.

Presto sarà evidente a tutti gli strati della popolazione che la crisi durerà a lungo , che la crisi non è passeggera ma persistente, con gravi problemi di disoccupazione e riduzione dei consumi di lungo periodo.

La maggior parte dei governi non ha intrapreso alcuna contromisura degna di questo nome per contenere il peggio in questi mesi, ed il malcontento prende la forma della protesta di piazza.

Ecco i primi cenni di quella che potrà diventare cronaca quotidiana da qui ai prossimi mesi.


Disordini in Francia

Un milione di persone in piazza giovedì scorso. Con il tasso di disoccupazione ai livelli più alti da quindici anni e l'economia in rallentamento, in Francia i consumi sono crollati.

Così la maggior parte delle sigle sindacali si sono unite per contestare le ridicole misure che Sarkozy ha osato chiamare "piano anti-crisi".

"26 miliardi di euro non basteranno mai per rilanciare la Francia" è uno degli slogan dei lavoratori che hanno invaso i boulevard parigini. La protesta, della quale si è avuta scarsa eco in Italia, è degenerata nei consueti scontri di piazza tipici di molte manifestazioni francesi: cassonetti rovesciati ed incendiati, tafferugli con la polizia e tentativo di sfondare il cordone di polizia al grido "andiamo all'Eliseo". A portare i pasticcini a Sarko'...


Sciopero in Inghilterra

[Aggiornamento h. 15:56: la protesta si è allargata ai lavoratori delle centrali nucleari di Sellafield ed Heysham, oltre ai lavoratori della raffineria di Grangemouth e delle centrali elettriche di Longannet, Warrington e Staythorpe]

"British jobs for British workers" era una battuta della campagna elettorale del primo ministro Gordon Brown, che però sembra sia rimasta tale. Agli inglesi non è andata giù.




Gli inglesi, si sa, non sono come gli italiani e non si lasciano infinocchiare dal primo salamone di turno che promette un milione di posti di lavoro.

Non dimenticano. Eppure anche loro sono maniaci di calcio.

Comunque fatto sta che davanti alla raffineria Lindsay Oil i lavoratori inglesi protestano e non facco scendere dalla nave i lavoratori italiani e portoghesi che dovrebbero lavorare lì.

Si dà il caso che la raffineria è inglese, ma appartiene alla Total, che è francese. Che però ha dato in appalto una parte dei lavori alla Irem di Siracusa che porta gli operai. La Irem, però, sarebbe in realtà un subcontractor di una società americana.

Risultato, sono gli operai inglesi a restare senza lavoro!


Disordini nel resto d'Europa

Avete già letto nei post precedenti dei disordini in lituania, lettonia e bulgaria, mentre in Grecia la polizia usa i gas lacrimogeni per disperdere la protesta degli agricoltori provenienti da Creta. La scorsa settimana, comunque, gli agricoltori hanno rimosso la maggior parte dei blocchi. Una buona fetta di agricoltori ha accettato l'offerta del ministro di 500 milioni di aiuti.

Per il resto, in Islanda è stato nominato il nuovo governo di centrosinistra che ha 83 giorni per governare l'emergenza del paese secondo le direttive del Fondo Monetario Internazionale (in bocca al lupo, disse la capretta all'agnello). Poi ci saranno nuove elezioni.

Nel frattempo, i giornali parlano estesamente dell'emergenza neve che però non ha bloccato la circolazione.

Saluti felici

Felice Capretta